Fotografia di Emilio De Tullio, scattata in occasione dei Cantieri 2008: http://lua.it/staff/duccio-demetrio/
di Laura Solieri
Scrivendo, vedendo che la propria storia merita pagine su pagine si delinea un processo molto interessante di auto riconoscimento e autostima, perché la scrittura è arte della consapevolezza e quando una persona scrive di se stessa è come se ricucisse le sue ferite.
La particolarità del genere autobiografico è che partendo da semplici appunti legati a un’esperienza, impressione, stato d’animo, emozione, ci consente di poter vivere momenti di sollievo e maggiore calma relativamente a situazioni difficili e turbinose che possono coinvolgerci.
La scrittura autobiografica assume diverse modalità di espressione: comprende sottogeneri come il diario, le testimonianze esperienziali, gli appunti, le poesie… E in qualsiasi sottogenere dell’autobiografia, esiste un indizio di cura di noi stessi, di avvicinamento alla nostra coscienza, da scoprire.
Ne abbiamo parlato con Duccio Demetrio, già professore ordinario di Filosofia dell’educazione e di Teorie e pratiche della narrazione, direttore scientifico della Libera università dell’Autobiografia di Anghiari, da lui fondata nel 1998 con Saverio Tutino e di “Accademia del silenzio”.
Il 23 ottobre 2018 Duccio Demetrio sarà a Modena dove alle 14.00, presso Lo Spazio Nuovo di
via IV Novembre 40/b, terrà il workshop “L’autobiografia come cura del sé” seguito alle 16.30 dalla lezione magistrale “Ricordi e progetto di sé. La scrittura come strumento di cura nei servizi di salute mentale”.
“Il vero momento che facilita un avvicinamento alle interiorità di ciascuno di noi è costituito dalla trasformazione della scrittura come momento breve, effimero, saltuario  – spiega il professore – Se vogliamo considerare la scrittura autobiografica come dovrebbe avvenire nella clinica, nella Psichiatria, di cui parleremo a Modena, occorre guardare la proposta di scrivere di sé alle persone in una prospettiva più ampia, di consuetudine.
Ciò che distingue la scrittura autobiografica di una storia di vita dalle altre manifestazioni è il testo, è inseguire l’esigenza di dare testo al racconto, dare una forma, una trama alla nostra esistenza  – prosegue Demetrio – Questo genera altri effetti molto più importanti dal punto di vista clinico consentendoci di prendere maggiormente consapevolezza della nostra esistenza, consapevolezza che costituisce non solo una meta finale ma è frutto di un processo che richiede rigore e disciplina, gli stessi che un artista, poeta, scrittore devono darsi per raggiungere l’obiettivo”.
Dalla scrittura immediatamente fungibile, spontanea, che rispecchia alcuni momenti della nostra vita alla scrittura che ci offre più possibilità, anche di carattere terapeutico.
Quando la persona scrive, si racconta, è come se ricucisse le sue ferite, è come se volesse guardarle in faccia perché la vera cura non è la fuga dai momenti di sofferenza e dolore: la cura sta nel guardare in faccia la memoria e la scrittura svolge metaforicamente una funzione di specchio rispetto alla nostra vita” dice Demetrio, sottolineando l’importanza della scrittura autobiografica come arte della consapevolezza.
Con le nuove tecnologie non facciamo altro che trasporre in scrittura la nostra oralità quando invece la scrittura richiede altre regole e modalità. La scrittura, infatti, porta a galla ciò che attraverso l’oralità non riusciremmo mai bene a definire, diventa un’esperienza essenziale collaterale nella clinica, nella Psichiatria perché consente ai terapeuti di osservare quali sono i comportamenti psichici del paziente dinnanzi l’esercizio della scrittura.
“Le persone devono richiedere di scrivere come fosse un atto di libertà, non possiamo imporre  la scrittura come se fossimo a scuola, e in queste circostanze si può contare su un aiuto, una consulenza per incoraggiare le persone a scrivere – precisa il professore – Il coraggio autobiografico per non avere più paura della scrittura, della penna, della carta è un primo segnale importante sul piano della trasformazione dell’atteggiamento delle persone nei confronti di sé e del mondo. Non si tratta solo di coraggio: scrivendo, vedendo che il proprio racconto merita pagine su pagine si delinea un processo molto interessante di auto riconoscimento e autostima, per cui senti che la tua vita non è stata vana e dispersiva come credevi, per il solo fatto che la stai raccontando”.
Una scrittura autobiografica ha sempre bisogno di un lettore, a partire da colui o colei che scrive.
“Scrivendo non solo fai una panoramica della tua esistenza attraverso i tuoi paesaggi  – conclude Demetrio – ma avverti il bisogno di andare oltre, magari di proporti per aiutare gli altri a scrivere, per raccogliere le loro storie di vita quando non sono in grado di raccogliere la propria geografia da soli. Siamo quindi di fronte a un’apertura al mondo, agli altri: ti accorgi che non ti basti e vuoi portare quello che hai scoperto e vissuto anche in altri luoghi”.