di Laura Solieri
La prevenzione del disagio nei figli di persone con disturbo psichico rappresenta un importante obiettivo di salute.
Secondo le statistiche, sono molti i piccoli che crescono in una famiglia dove ci sono seri problemi di ordine psicologico, anche se non necessariamente psichiatrici: si stima che fino a ¼ dei bambini cresca in una situazione del genere.
Un altro elemento da considerare è lo stato dell’arte ad oggi dei servizi della Psichiatria in Italia, strutturati in modo tale da non riconoscere adeguatamente al paziente, alla persona per cui è in corso un trattamento, il suo ruolo genitoriale.
«Mentre da una parte c’è molta attenzione verso quello che può essere il discorso dell’invalidità piuttosto che il diritto alla pensione, alla casa, al lavoro – tutti diritti sacrosanti -, dall’altra viene spesso troppo poco riconosciuto il fatto che una persona che stiamo cercando di curare possa essere anche un genitore e conseguentemente che ci siano dei minori che crescono in quella famiglia, in un clima non sempre particolarmente favorevole alla crescita e al benessere della persona – spiega lo psichiatra Alberto Zanobio, oggi con incarico di Direttore della Struttura Complessa “Psichiatria 2” – ASST “Grande Ospedale Metropolitano Niguarda” che il 24 ottobre interverrà tra gli altri a Modena al seminario “Figli in penombra. Genitorialità e disagio psichico” (ore 9-13, Sala Panini della Camera di Commercio, via Ganaceto 134) – Fatta questa premessa, quello che come professionisti stiamo cercando di fare, è costruire un percorso per favorire quella che può essere per i piccoli la comprensione di ciò che sta accadendo nella loro casa, in determinate situazioni. Infatti tra i fattori protettivi riconosciuti a livello internazionale vi è proprio quello di rendere comprensibile ai figli quanto sta loro accadendo intorno».
Il seminario del 24 ottobre si pone l’obiettivo di presentare i dati scientifici sul tema e di condividere le esperienze di ricerca, cliniche e personali dei relatori. In tale occasione sarà anche presentato il Progetto del Dipartimento di Salute Mentale della Ausl di Modena “Figli in Penombra”, realizzato grazie al finanziamento dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, progetto che vede Modena tra le rare realtà italiane dove questo tema è affrontato.
I dati epidemiologici e la letteratura mostrano quanto l’intervento precoce riduca significativamente il rischio di malattia nella popolazione. I dati ci dicono che la riduzione del rischio si attesta fino al 40%, tenuto conto che, ad esempio, patologie piuttosto gravi dei genitori possono comportare un rischio aumentato di 10 – 15 volte rispetto a quello che è il rischio base che chiunque ha nella vita di sviluppare una problematica di ordine psichico.
Perché la mamma non riesce a fare da mangiare in certi periodi dell’anno? Perché il papà passa tutto il tempo sdraiato sul divano o perché è sempre arrabbiato e dice cose strane che non capisco? A tutte queste domande, che i bambini inevitabilmente si fanno, si cerca di dare risposta creando una situazione, un clima per cui nella famiglia si riesca a parlare anche del malessere del genitore così che il bambino cominci a comprendere cosa accade in famiglia.
«È la situazione in se che è potenzialmente rischiosa per la crescita del minore ed è necessario intervenire anche e indipendentemente dal fatto che si possa essere manifestato un vero e proprio disagio – commenta Zanobio – Stiamo parlando di una sorta di ‘vaccinazione’ per cui non è necessario avere l’influenza ma è opportuno fare una vaccinazione per prevenire l’influenza, al fine di creare una situazione protettiva per il piccolo».
Altrove, soprattutto nei Paesi scandinavi e in particolare Norvegia, Finlandia e Danimarca è addirittura normato l’obbligo dell’istituzione sanitaria di favorire la comunicazione ai figli di quanto sta accadendo ai propri genitori, cosa che vale per tutte le malattie.
«Ad Oslo, ad esempio, qualche centinaio di dipendenti dell’ospedale è appositamente formato per questo tipo di comunicazione nel senso che è una delle priorità riconosciute per la costruzione di un welfare per la famiglia e la popolazione. In generale, la letteratura internazionale indica che occorre arrivare a una comprensione di quello che sta accadendo anche individuando dei riferimenti supportivi all’interno della rete che il minore ha intorno, dai genitori agli zii, ai nonni finanche al vicino di casa – conclude Zanobio – Per il minore, il fatto di riuscire ad avere intorno un gruppo o comunque delle persone significative è sicuramente un fattore che rafforza il benessere del piccolo. L’intervento che abbiamo cercato di sviluppare in questi anni riguarda la fascia 6-16 anni; dai 16 ai 18 anni è più difficile intervenire, c’è più resistenza e opposizione ai genitori e le dinamiche sono differenti e più complesse».