Curare senza legare: MISSIONE POSSIBILE?

Nel quadro degli eventi di Màt particolare rilievo è stato dato al tema della contenzione e delle strategie per poterla abolire o almeno ridurla drasticamente.

Il Convegno si è tenuto a Carpi nell’arco di due giornate e ha visto interventi di diverse realtà italiane e non solo.

La contenzione, pratica infamante per chi la fa e chi la subisce, è nata nell’ambito della Salute Mentale ma coinvolge anche gli anziani all’interno delle strutture residenziali.

Da tutti gli interventi emerge che la contenzione non è un atto terapeutico ma piuttosto un fallimento di esso. La contenzione è un insulto alla persona.

Nella prima mattinata sono state presentate le esperienze di Mantova, Ravenna Trento, S. Giovanni in Persiceto e S. Bonifacio.

Tali realtà condividono delle buone pratiche che si sono rivelate fattori di successo per la prevenzione e il superamento della contenzione. Tra questi fattori vi è la trasformazione degli ambienti al fine di renderli meno “ospedalieri” possibile, l’apertura degli spazi, l’eliminazione delle sbarre alle finestre, la riduzione dei divieti che costituiscono fonte di conflitto inutile (come ad esempio spogliare dagli effetti personali la persona), l’eliminazione delle telecamere. Essenziale è poi la costituzione di una equipe che sia in formazione continua sulla gestione del conflitto, sulla relazione e sulle trasformazioni culturali e sociali continuamente in atto nel contesto comunitario.

Da tutti gli interventi si evince l’importanza, nel momento di crisi, della relazione: stare con e per la persona prendendosi il tempo per supportarla e non per controllarla. Gli strumenti della relazione possono essere molteplici durante il momento della crisi: il dialogo, l’empatia, la comprensione, la condivisione di azioni quali giocare a carte, passeggiare in giardino, bere un caffè.

La persona dovrebbe essere vista in un’ ottica globale, coinvolgendo la rete familiare, amicale e territoriale con lo scopo di costituire un progetto riabilitativo maggiormente coerente ed efficace.

Nel 2016 è stata lanciata e presentata al Senato la campagna “E tu slegalo subito” con l’obiettivo di abolire in Italia la contenzione meccanica e con lo scopo di divulgare l’informazione anche alla cittadinanza.

Un esempio virtuoso che proviene dalla Danimarca è la “De-Escalation”, ossia uno strumento volto a fronteggiare situazioni a rischio di violenza. Si tratta di un processo di comunicazione complessa in cui la persona viene guidata verso uno stato psichico e fisico di maggiore tranquillità per consentirle il recupero dell’autocontrollo. La creazione di un ambiente sicuro per la persona e per gli operatori risulta fondamentale così come la valorizzazione della comunicazione verbale e non verbale per comprendere la persona. Ancora, di primaria importanza il valore del tempo da dedicare al momento della crisi e non solo.

In qualsivoglia contesto sono le parole dei protagonisti che dovrebbero far riflettere gli operatori e la cittadinanza. Gilberto, facente parte dell’Associazione Idee in Circolo di Modena, afferma come principi basilari la prevenzione, il saper ascoltare, il processo di riacquisizione della responsabilità attraverso anche la comunicazione di maggiori speranze e la trasmissione di un più elevato calore umano. Gilberto auspica la presenza di un maggior numero di psicologi all’interno dei Servizi di Salute Mentale e la possibilità di poter scegliere il proprio medico, che il più delle volte è attento esclusivamente alla prescrizione di farmaci.

Il metodo No Restraint in SPDC deve essere espressione della cultura di tutto il Servizio e non solo di alcuni operatori. Questi ultimi sono invitati a lavorare su se stessi e sui propri vissuti.

Il valore simbolico di tenere questo incontro a Carpi risiede nel riconoscimento del SPDC carpigiano quale struttura in cui da anni non si pratica la contenzione.